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Author Archives: Vincenzo Calicchio

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Guest Posting: come contattare gli influencer

Vincenzo Calicchio No Comments



Occuparsi di Web marketing non vuol dire chiudersi nella propria stanza e sbattersi per cambiare stringhe di codice, creare contenuti, modificare immagini ecc.. anzi la cosa più importante è aprirsi al mondo per condividere, comunicare, imparare, insomma per fare rete… ed il Guest Posting è la tecnica a disposizione per chi si occupa di SEO e di Link Building!

A proposito se stai sviluppando la tua strategia per ottenere backlink sicuramente ti interesserà questo articolo:

Se rimanessimo chiusi nella nostra stanza correremmo seriamente il rischio di fare la fine di quel tizio che è andato sulla Luna ma per secondo..nessuno ricorda il suo nome. E’ quindi fondamentale incontrare gente interessata ai nostri contenuti ed imparare a contattarli correttamente. In questo articolo condivido il mio metodo di lavoro che consiste nel:

  • Investigare
  • Segmentare
  • Contattare

Al di là degli influencer sarà importante anche cercare e trovare siti web simili al nostro (ma non concorrenti) ai fini di:

  • Promozioni incrociate ai due siti da newsletter, social network, pagine specifiche dei siti in questione

Quindi si tratta di un do ut des che conviene ad entrambi, ad oggi diremo revenue sharing. Tale collaborazione sarebbe ottimale, ovviamente se fatta con regolarità.

Cercare gli influencer 

come-contattare-gli-influencer

Ovvero investigare e trovare soggetti che fanno al nostro caso e potrebbero esserci in qualche modo utili. A tal fine possiamo utilizzare vari strumenti:

BuzzStream

Economico, il pacchetto minimo base costa 29 Euro mensili e facilita molto il lavoro, è disponibile anche una estensione per Chrome.

FollowerWonk

Free e basato su twitter. È una app di moz per cercare follower di influencer, così facendo arriviamo ad una utenza super targettizzata con info complete su follower, following, days old e social authoriy (con paramentri propri di follower wonk). Tali persone sono sicuramente da contattare.

Topsy

Anch’esso basato su twitter, utile per cercare influencer per parole chiave.

Oltre a questi strumenti professionali (o semi professionali) altrettanto utili sono:

  • La cara e vecchia ricerca in SERP
  • La creazione di Alert (tramite Google alert) per parole chiave specifiche di settore. In tal modo stesso Google ti avviserà ogni qualvolta qualcuno nel mondo scrive di quel determinato argomento.

Segmentare gli influencer

Dopo aver trovare e stilato una prima lista di influencer dobbiamo dividerli in base alla loro priorità. Questa segmentazione è molto importante in quanto non possiamo contattare nello stesso modo i vari influencer.

Per esempio un conto è contattare un sito molto popolare, che magari riceve moltissime mail al giorno ed un altro conto sarà contattare uno poco popolare, senza dubbio con i primi dobbiamo fare più attenzione.

Contattare gli influencer

Risponderesti mai ad una persona sconosciuta che ti sta chiedendo un link? Molto probabilmente no, ragion per cui prima di contattare è preferibile stabilire una relazione, entrare nel suo radar per far si che non appaiamo come completi sconosciuti.

perché-sono-importanti-gli-influencer

Sei cose da fare prima di contattare un influencer

  1. Condividere suoi contenuti nei tuoi profili social
  2. Commentare il suo blog, ovviamente sto parlando di commenti elaborati ed interessanti, che creino valore
  3. Aggiungerlo ad una lista di Twitter
  4. Iscriverti ad una sua mailing list
  5. Avvisarlo di eventuali link morti nel suo sito
  6. Citarlo nel proprio post/articoli

Tutto ciò dobbiamo farlo per entrare nel suo radar di influenza, una volta dentro, il mio consiglio è di continuare così per qualche giorno (o settimana) per poi inviargli una mail. La mail dev’essere ovviamente personalizzata ed importante sarà far capire che abbiamo considerazione di lui (o lei) ed apprezziamo il suo lavoro.

Un esempio di testo da inviare per fare guest posting è:

Oggetto: Ti interessa lasciarmi collaborare al tuo blog?

Salve XXX
Mi chiamo Vincenzo Calicchio e mi occupo di SEO per il sito XXX. In queste ultime settimane ho deguito molto il tuo sito ed ho trovato molto interessanti i tuoi articoli, in particolare XXX di cui mi ha molto colpito la forma di XXX.
Ti scrivo questa mail per sapere se potrebbe interessarti lasciarmi collaborare al tuo blog offrendoti un mio articolo per la pubblicazione. Ho notato che scrivi molto sul tema XXX e penso che ai tuoi lettori potrebbero interessare i seguenti temi:
XXX
XXX
XXX
Cosa ne pensi? Credi che sia fattibile una collaborazione?
Ti saluto e ti ringrazio per l’attenzione
Enzo

Come far si che più persone leggano la tua mail?

Ai fini di un migliore tasso di apertura delle mail consiglio di:

  • Fare molta attenzione al testo della mail
  • Essere breve
  • Chiamare il destinatario per nome
  • Presentarsi
  • Spiegare l’obiettivo della mail in una riga, massimo due
  • Dimostrare di conoscere il blog in questione
  • Aggiungere URL di articoli del blog
  • Essere cordiale ma non informale
  • Offrirsi di rispondere ad eventuali dubbi
  • Aspettare 3 o 4 giorni prima di contattare una seconda volta in caso di non risposta, questa seconda mail dev’essere più breve della prima

Inoltre molto importante è fare prove in merito ai risultati ottenuti, per esempio testando mail diverse con A/B test. Ovviamente a fine di tali prove sceglieremo i testi che ci danno i risultati migliori.

P.s. Tanto per completezza, il secondo uomo sulla Luna fu Buzz Aldrin!

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    tecniche di black hat seo

    Black Hat SEO: quali sono le tecniche da evitare

    Vincenzo Calicchio No Comments



    Già ho avuto occasione in questo blog di occuparmi di Black Hat SEO in questo articolo in cui parlo delle Piramidi di Link e dei pericoli connessi. Tuttavia, sarà l’aura di magia che ruota attorno a queste tecniche, sarà il fascino del proibito ma ho potuto constatare che è uno degli aspetti della SEO che più incuriosiscono chi si sta ora avvicinando al settore.

    Ragion per cui ho deciso di fare chiarezza. Ho preso spunto dalle linee guida che stesso Google fornisce ed ho scritto quest’articolo in cui spiego brevemente, nella maniera più semplice possibile, cos’è la black hat, parlo delle sue tecniche più comuni (lo dico sin da subito… quelle da evitare!) e do qualche consiglio per non essere penalizzati.

    Che cos’è la Black Hat SEO?

    tecniche-black-hat-seo

    Le tecniche Black Hat Seo da evitare

    Per cominciare dobbiamo differenziare tra due tipologia di SEO, ovvero:

    White Hat SEO (quella buona). Utilizza tecniche che posizionano le nostre pagine in maniera naturale. Questo senza dubbio costa più tempo per conseguire un buon posizionamento ma è immune da penalizzazioni ed è duratura nel tempo.

    Black Hat SEO (quella cattiva). Utilizza tecniche di posizionamento poco etiche ed “illegali”, queste (prima o poi) sono penalizzate da Google. Posizionano più rapidamente ma prima o poi Panda, Pinguino o qualunque altro animale nell’algoritmo di Google passera per il tuo sito, ragion per cui si consiglia di usarle solo per progetti web “temporanei” per cui non importa di essere penalizzato dopo un determinato periodo di tempo.

    aggiornamenti-panda-e-penguin

    I due aggiornamenti dell’algoritmo di Google più famosi sono Panda e Penguin

    Alcune tecniche di Black Hat Seo 

    • Contenuti generati automaticamente: da software e programmi ad hoc.
    • Piramidi di Link (Tiered Link Building): ovvero fare link building in costruendo la struttura di backlink su vari livelli in forma piramidale, assolutamente non spontanea.
    • Testo occulto (Hidden Text):  Consiste nello scrivere parole chiave con le quali vogliamo posizionarci nello stesso colore del fondo del testo, così da essere invisibile agli occhi del lettore ma non del motore di ricerca. Negli anni 2000 tale tecnica (usata anche con parole generiche ma con altissime query come tutte quelle a carattere sessuale) erano un must ed assicurava posizionamento e guadagni. Ad oggi è forse la tecnica più aberrata da Google… statene alla larga!
    • Abuso di parole chiave (Keyword Stuffing): Consiste nel ripetere moltissime volte la keyword in un testo col fine del posizionamento. Anche questa tecnica ere geologiche fa era una manna dal cielo, ad oggi è penalizzata. Google infatti vuole che qualsiasi contenuto venga scritto per l’utente non per il bot, quindi bisogna essere quanto più naturali possibile.
    • Reindirizzamenti ingannevoli (Sneacky Redirects):  Ovvero quando si fa click in una pagina che però reindirizza automaticamente verso un altra pagina (che non ha nulla a che vedere con la precedente).
    • Cloacking:  Consiste nel mostrare un determinato contenuto agli utenti ed un altro completamente diverso ai bot dei motori di ricerca.
    • Domini scaduti (Expired domains): Alcune imprese o utenti smettono di pagare per il loro dominio (per qualche ragione) che conserva però la sua autorità e può essere comprato da un altra persona. Volete un esempio di questa pratica? date un occhiata a fantacalcioformazioni, un sito dove tutti si aspetterebbero di trovare informazioni sul fantacalcio… ed invece?
    • Contenuti duplicati:  Consiste nel creare contenuti copiati totalmente o parzialmente da altri siti, ovvero il classico copia-incolla. Oltre che poco professionale e deontologicamente scorretta, tale tecnica è mal vista da Google.

    Caratteristiche dei siti che utilizzano queste tecniche

    Naturalmente i siti che fanno ricorso alla black hat (e sono quindi in odore di penalizzazione) non hanno tutti le stesse caratteristiche, anche un sito che all’utente si presenta bene può essere in realtà in pericolo. In ogni caso vi consiglio di stare alla larga, e soprattutto di non collegare in alcun modo il vostro sito alle seguenti tipologie di pagine, o se proprio dovete farlo utilizzate un NoFollow (come ho fatto per il link precedente al sito di fantacalcio):

    • Quelle che interrompono la navigazione degli utenti con molta pubblicità, popup e link che portano verso altri siti.
    • Quelli che presentano pagine disordinate, con molte parole e call to action apparentemente senza senso.
    • Quelli che presentano malware nel sito (ovvio).

    Come sapere se sei stato penalizzato da Google?

    Generalmente sapere ciò dipende dal tipo di penalizzazione ma, su tutte, la prova definitiva per avere la certezza di essere stati penalizzati per l’intero sito si ha mediante la ricerca del proprio dominio con comando site, quindi cercando in Google “site:miosito.com” se non appare alcun risultato allora dovete preoccuparvi.

    Altri segnali preoccupanti sono:

    • Il traffico nel tuo sito si riduce drasticamente
    • Il sito perde di visibilità per alcune o tutte le parole chiave
    • Alcune o tutte le pagine scompaiono dai motori di ricerca
    • Il dominio scompare da Google e qualsiasi altro motore di ricerca
    sito-penalizzato

    Gli effetti in Analytics della penalizzazione di un sito

    Conclusioni

    Innanzitutto per chi è super affascinato da questo mondo oscuro vi condivido questo video di Paolo dello Vicario in cui si parla anche di altre tecniche che non ho menzionato…

    Per il resto mi preme dire che c’è chi afferma con sicurezza che le tecniche di black hat sono ancora valide (probabilmente non quelle di cui ho parlato), personalmente vi consiglio di non credere a queste persone, di bufale sulla SEO se ne trovano… e tante!

    Secondo la mia modesta opinione (ma direi secondo il buon senso) è sempre buona cosa stare lontani da tali tecniche e conseguire un buon posizionamento grazie al lavoro costante e soprattutto offrendo contenuti da Valore. In questo modo i risultati arriveranno… non passare al lato oscuro!

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      Brasile senza WhatsApp: ecco cosa è successo

      Vincenzo Calicchio No Comments



      Brasile, 17 Dicembre 2015. E’ il giorno del Brasile senza Whatsapp, nel giro di qualche ora la popolare app smette di funzionare nel più grande paese dell’America latina. Scatta il panico tra i 100 milioni di utenti brasiliani in permanente connessione tra loro attraverso gruppi e conversazioni che ciascuno gestisce nella sua vita parallela.

      E’ vero si, che ci sono altri modi per comunicare ed altri social network in cui fare rete, il tasso di penetrazione tra la popolazione e soprattutto il tasso di utilizzo di Whatsapp non raggiungono nessun altra rete sociale. L’evento è stato di una portata grandissima non sono per le ripercussioni tecnologiche, ma anche per quelle sociologiche.

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      “Senza Whatsapp? Senti il fantasma del comunismo…”

      Più di 100 milioni di anime in pena si svegliano in una specie di Blade Runner tropicale senza realmente capire il perché di una decisione di un giudice che ha spento la loro principale fonte di alimentazione virtuale.

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      “Che belli questi omaggi al Brasile senza Whatsapp #PrayForWhatsapp”

      Però il giudice di un tribunale di provincia, dello stato di San Paolo, si dimostra inflessibile nella sua determinazione a far da spalle alle grandi compagnie telefoniche, che scontano perdite milionarie dal momento in cui Whatsapp ha introdotto le chiamate gratuite.

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      “Brasile senza Whatsapp per 48 ore a partire da Mezzanotte”

      Incluso il fondatore di Facebook, Mark Zuckemberg, interrompe il suo idillio da neo papà per indignarsi per il blocco “Oggi è un giorno triste per il Brasile” afferma dal suo profilo “Stiamo lavorando duro per correggere questa situazione”.

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      Poche ore dopo (ore in cui si registra un esodo massivo verso Telegram), Whatsapp viene ristabilito grazie ad un altra decisione di un altro giudice che annulla la precedente.

      Nel frattempo, migliaia e migliaia di meme hanno invaso i Social Network. Il proverbiale senso dell’humor dei brasiliani non poteva mancare avanti ad una ecatombe virtuale di queste dimensioni, una piaga biblica 2.0 che quasi ha messo in ginocchio l’allegria nazionale del Brasile.

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      “Oggi la gente sarà costretta a guardarsi negli occhi, a parlare nelle ascensori, gli automobilisti non potranno commettere barbarie mentre guidano ed allo stesso tempo digitano, e la circolazione dei pedoni ne guadagnerà in velocità. Mal che vada ci renderemo conto che ci siamo convertiti in Robot e che stiamo perdendo un po di quella che è nota come Umanità” Scherzava (mica tanto) un utente.

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      “Whatsapp è tanto Brasiliano che non ha scontato neanche la metà della pena!” scherzava un altro alludendo agli scandali di corruzione che hanno coinvolto il paese in un contesto di impunità generalizzata.

       

      brasile-senza-whatsapp

      “Tornando ad usare Bip al posto di Whatsapp”

      L’incubo tecnologico tecnologico dell’anno è finito senza vittime. Il Brasile ha ricominciato a comunicare e fraternizzare compulsivamente in questa settimana pre-natalizia. Tutto torna alla normalità…però rimane la sensazione che i contenuti dei meme sono scherzi si, ma fino ad un certo punto!

      brasile-senza-whatsapp

      “Io senza Whatsapp”

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        Fonte: Yorokobu

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        Link NoFollow: cosa sono, come funzionano e quando usarli

        Vincenzo Calicchio No Comments



        Se stai leggendo questo articolo, quasi sicuramente sarà perché hai cominciato a lavorare alla SEO del tuo progetto web col fine di migliorare il posizionamento in Google e quindi aumentare le conversioni. Come qualunque altra persona avrai cominciato a leggere articoli di settore, avrai scoperto che una delle cose più importanti è quella di lavorare alla Link Building ed avrai sentito parlare di link NoFollow.

        Bene, avrai già inteso che esistono due tipologia di link che si possono ricevere o creare nelle proprie pagine web, questi sono i link DoFollow e quelli NoFollow. Ognuno ha le sue proprietà, ognuno è usato con fini e scopi differenti ma entrambi sono utili ai fini del posizionamento (anche se in tanti non saranno d’accordo con questa affermazione).

        Senza prolungarmi di più andiamo ad approfondire l’argomento. Prima di tutto diamo un occhiata a cosa sono i link NoFollow e  DoFollow, poi scopriremo il loro funzionamento e soprattutto come e quando usarli.

        link-nofollow-meme

        Ovviamente nel Web si scherza molto sui Link NoFollow

        Cos’è un link NoFollow? Cos’è un link DoFollow?

        I Dofollow sono la tipologia di link più utile ai fini SEO giacché la pagina web che ci linka in questo modo ci trasferisce PageRank e ciò agli occhi di Google (ma se ci pensi bene anche agli occhi di un utente) conta come un feedback di qualità verso di noi. Quindi un link DoFollow apporta rilevanza al sito a cui viene diretto e nonostante sia solo uno dei fattori di posizionamento, per Google ricevere backlink di questo tipo è ancora fondamentale.

        I NoFollow, invece, costituiscono la maggior parte dei link ricevuti da un sito web e, al contrario dei DoFollow, non trasferiscono PageRank ed indicano al bot di Google che, sebbene linko ad un altro sito, non voglio trasferirgli rilevanza.

        In tanti pensano che non siano utili ai fini del posizionamento, ma Google continua a considerarli come un fattore positivo per la SEO giacché qualsiasi backlink è un segnale di qualità che prova che qualcun altro considera quel contenuto importante.

        link-nofollow-pagerank

        Trasferimento del Pagerank tra Link DoFollow e NoFollow

        Ovviamente Google non è stupido, e per questa ragione ogni backlink conseguito dev’essere il più spontaneo possibile (in realtà G non vuole che si faccia Link Building) quindi, benché i link DoFollow abbiano un peso maggiore dei NoFollow, una struttura di link ottimale prevede un buon equilibro tra gli uni e gli altri giacché avere solo backlink DoFollow (o solo NoFollow) suonerebbe come qualcosa di innaturale e ciò non piace ai motori di ricerca. A proposito dei fattori da tenere a mente nel fare Link Building vi consiglio la lettura di questo articolo:

        Ciò ovviamente vale anche per i link creati nelle nostre pagine web, assolutamente mai crearne solo DoFollow, ma utilizzare NoFollow per siti che non consideriamo sicuri al 100% o che non hanno relazione di argomenti con i nostri contenuti o il nostro business.

        Come creare link NoFollow?

        In genere i link DoFollow sono tali di default, per esempio tutti i quelli inseriti in WordPress lo sono. Se proprio vogliamo esserne certi (cosa inutile) il link deve avere questa struttura in HTML

        <a href=”http://www.sito.com” rel=”dofollow”> Testo </a>

        Ma ripeto, risulta DoFollow anche senza il rel.

        Per quanto riguarda poi creare link NoFollow abbiamo due opportunità:

        • Utilizzare un Plugin WordPress, su tutti “Ultimate NoFollow” semplice e veloce, che permette di trasformare qualunque link si voglia al momento dell’inserimento (scelta sconsigliata in quanto è davvero semplicissimo aggiungerlo direttamente in HTML ed un plugin in meno vuol dire meno peso al sito)
        come-inserire-un-nofollow

        Come inserire il rel”nofollow” con Ultimate NoFollow

        • Lavorare di HTML, inserendo il rel=”nofollow” al link, che quindi sarà così:

        <a href=”http://www.sito.com” rel=”nofollow”> Testo </a>

        Basta andare nella sezione “Testo” dell’editor di WordPress ed aggiungere l’attributo “nofollow” al link

        come-inserire-un-nofollow2

        Come inserire il rel=”nofollow” in WordPress

        Perché esistono i link NoFollow?

        Quale potrebbe essere il motivo per inventarsi qualcosa del genere? Bene, andiamo indietro di qualche anno (nel lontano 2005). In quell’era geologica l’algoritmo di Google era molto più semplice di quello di oggi ed il posizionamento dipendeva in larga parte dal numero di backlink (contava unicamente la quantità di link, a prescindere dalla qualità).

        Tenendo presente ciò, fare SEO in quel periodo significava mettere in pratica tecniche che oggi sono considerate Black Hat o quanto meno in odore di penalizzazione. L’unico obiettivo era conseguire link…qualunque fosse il mezzo! Ovviamente ciò spesso e volentieri voleva dire spammare di forma massiva altri siti, per esempio dei commenti dei blog, nei forum o anche in portali come Wikipedia.

        A proposito di tecniche Black Hat, se ti interessa l’argomento allora questo articolo è quello che fa per Te!

        Tiered Link Building: attenzione alle Piramidi di Link

         

        In circostanze come queste, Matt Cutts (capo dell’anti-spam di Google) propose la creazione dell’attributo “nofollow” motivandolo con l’evidenza che se i padroni dei forum e dei blog avessero potuto indicare a Google di non cedere pagerank ai siti degli spammer, allora lo spam avrebbe smesso di essere una tecnica utile ai fini del posizionamento in SERP.

        Cosa succede inserendo un link NoFollow?

        Quindi nel momento in cui creiamo o riceviamo un link, questo può essere DoFollow o NoFollow e la differenza tra l’uno e l’altro consiste nell’indicare a Google di passare parte del pagerank al contenuto linkato indicando al Bot di scansionarlo o meno.

        Nel caso di link DoFollow, indichiamo a Google che il contenuto linkato è rilevante, che il bot deve proseguire nella scansione trasferendo parte del nostro pagerank. Questi link sono sempre positivi per le pagine a cui puntano, a meno che il sito di origine non sia penalizzato o appartenga ad un altro settore (differenti tipologie di contenuti riferiti ad una utenza differente).

        Usando il rel=”dofollow” stiamo dicendo che il contenuto a cui puntiamo è importante e che, per questo motivo, vogliamo che ci sia comunicazione tra quella pagina e la nostra.

        D’altro canto, i rel=”nofollow” fanno esattamente il compito contrario, quindi indicano a google che quel contenuto non è rilevante (per una qualsiasi ragione) e quindi non va scansionato e non vogliamo trasferirgli PR.

        meme-link-nofollow

         

        Perché usare il rel=”nofollow”?

        E’ utile creare link NoFollow nei nostro progetti web essenzialmente in due situazioni:

        1. Quando non ci fidiamo tanto del sito a cui puntiamo e siti in odore di penalizzazione che per qualche ragione dobbiamo linkare (vedi contenuti utili agli utenti ecc…).
        2. Quando l’altro sito ha un DA ed un PA molto più bassi rispetto al nostro.
        3. Quando linkiamo ad un sito di un settore completamente diverso dal nostro core business, sia dal punto di vista merceologico che da quello contenutistico.

        Dal punto di vista dei backlink entranti, invece, i NoFollow influiscono (indirettamente) sulla SEO nelle seguenti modalità:

        1. Fanno arrivare al tuo sito un traffico maggiore da referral.
        2. Sono importanti dal punto di vista della Brand Awareness, in quanto in ogni caso agli occhi dell’utente c’è qualcuno che sta affermando che il nostro contenuto è utile.
        3. Possono potenzialmente farti aumentare i profitti, come conseguenza dei primi due punti.

        Conclusioni

        Nello scrivere questo articolo mi sono imbattuto in diversi altri articoli e tutorial, su tutti mi sento di consigliare questo di Giorgio Taverniti…prendete appunti!

        Spero che ora ti sia molto più chiara la differenza tra link NoFollow e DoFollow. Hai ancora qualche dubbio? Non sei d’accordo con quello che ho scritto? Fammelo sapere nei commenti o utilizza questo articolo “Open” sulle più comuni domande e risposte sulla SEO.

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          come fare link building su wikipedia

          Come fare Link building su Wikipedia

          Vincenzo Calicchio No Comments



          Se vi occupate di Web Marketing ed in particolare di SEO, allora saprete bene che Google assume determinati siti come fonte prioritaria di informazioni. Accade per portali verticali come Giallo Zafferano (per la cucina) o come il blog di Salvatore Aranzulla per quanto riguarda argomenti come tecnologia e Web. Ma accade anche a livello mondiale per portali orizzontali, su tutti c’è sicuramente Wikipedia, la più grande enciclopedia del mondo oltre che il miglior frutto del lavoro dell’intelligenza collettiva.

          Per questa ragione in tanti tentano in tutti i modi di fare link building su Wikipedia, ma tale operazione non è propriamente facile in quanto la community ha eretto dei veri e proprio muri anti-spammer (fortunatamente aggiungerei!). Gli esperti di marketing dei contenuti spesso non comprendono il funzionamento dei backlink in relazione con Wikipedia e pensano che, se l’argomento è rilevante, basta aggiungere un link alla sezione “link esterni” della pagina. Non è così.

          Aggiungere un link a Wikipedia è come operare, se non viene fatto correttamente può causare molti problemi, tra cui la possibilità che il vostro dominio finisca tra gli elenchi di spam e venga bannato da Wikipedia.

          Gli 8 errori SEO comuni che forse stai commettendo

          È così difficile ottenere e manutenere un link su Wikipedia che tanti professionisti hanno smesso di offrire questo servizio da tempo. Inoltre già in passato ci sono stai scandali a proposito di questo tipo di attività, come quello riguardante Wiki-Pr:

          Però, sapendo che molti agenti di marketing pensano di farlo ad ogni costo, voglio condividere alcune delle migliori pratiche per creare backlink in Wikipedia traducendo quest’ottimo articolo di Mike Wood su Content Marketing Institute. Ovviamente se fatta correttamente, la vostra SEO può beneficiarne molto.

          Il passaggio da DoFollow a NoFollow

          Innanzitutto, diamo un’occhiata a come sono cambiati i backlink in Wikipedia attraverso gli anni. Quando Wikipedia è stata lanciata nel 2001, i backlink erano tutti DoFollow e creati pensando alla SEO. Grazie al grosso contributo dato da Google (Wikipedia quasi sempre tra le prime posizioni della SERP) chi aveva link su Wikipedia ha potuto beneficiare rapidamente (e tanto) dei suoi effetti sulla SEO.

          Allo stesso tempo, gli editor di Wikipedia hanno realizzato che avrebbero raccolto un sacco di spam. La comunità ha fatto grandi cambiamenti per eliminare quanto più spam possibile, tra cui cambiare i link in NoFollow, cosa che diminuisce  l’impatto sulla SEO, e la creazione di una lista nera per bloccare i domini considerati come spam.

          Ora, anche se i backlink NoFollow hanno meno effetti sul posizionamento dei backlink DoFollow, i link in Wikipedia restano tra i più ambiti nel settore del marketing. Questo perché Google dà un grosso peso ed una grossa fiducia all’enciclopedia più grande del mondo, ed a chi la cura…ovvero la community! (Figo no?)

          Dove fare Link Building su Wikipedia

          Ora vado a condividere ciò che, secondo la mia esperienza professionale, funziona davvero per quanto riguarda la creazione di backlink in Wikipedia.

          • Non cercate voci che necessitano di conferma (citation needed). Wikipedia ricerca e analizza automaticamente gli elementi che necessitano conferma. Se i link aggiunti non migliorano la qualità della voce, verranno rimossi e probabilmente inseriti nella lista nera.
          • Trovate voci che necessitano di essere raffinate ed ampliate. In questi casi, avrai una migliore possibilità di migliorare la qualità del contenuto, aumentando la conoscenza condivisa a tal riguardo e supportando l’opera di diffusione del sapere, come da obiettivo di Wikipedia.

          Per trovare un articolo migliorabile, andate alla pagina tutti gli articoli da ampliare. Più di 1800 articoli ricadono in questa categoria ogni mese. Esplorate più di un singolo mese per avere una riserva infinita di articoli che possono beneficiare del vostro intervento.

          Conoscere le tipologie di link

          Ora che sapete dove trovare lo spazio per i vostri link, diamo un’occhiata alle caratteristiche dei link da utilizzare:

          • Controllate che Wikipedia consideri già affidabile la fonte. Vedete se il sito web citato ha già un articolo a suo nome. Per esempio, AdAge ha una pagina dedicata su Wikipedia, questo incrementa le possibilità che tutti i link provenienti da quel sito vengano considerati affidabili.
          • Verificate se il sito web che volete citare è già stato utilizzato come backlink. Andate nella casella di ricerca e digitate l’URL che volete verificare. Un sito che è già stato utilizzato numerose volte gode di più affidabilità e le possibilità che venga accettato come fonte sicura sono più alte.

          In questo screenshot potete vedere che AdAge è stato utilizzato 201 volte come referenza in Wikipedia in lingua inglese. Potete anche constatare che il primo risultato è la stessa pagina AdAge su Wikipedia.

          link-building-su-wikipedia

           

          • Assicuratevi che il link non diriga ad una “landing page”. Un link ad una landing page priva di informazioni che supportino il contenuto è giustamente considerato spam dagli editor di Wikipedia.
          • Linkate direttamente ai contenuti della pagina. Il link deve dirigere ad un contenuto che supporti le informazioni che avete aggiunto. Per esempio, se state aggiungendo informazioni sulla pubblicizzazione, non potete reindirizzare direttamente alla home del vostro sito come fonte autorevole. Dovete collegare alla pagina esatta che supporti quell’argomento, allo stesso modo con cui citereste le fonti in una ricerca o in uno studio tecnico.

          Un esempio di Link Building su Wikipedia

          Ora è tempo di aggiungere il link. Fate le cose correttamente, dovete contribuire all’enciclopedia aggiungendo più link dei backlink che volete includere.

          Ecco un esempio di come funziona:

          Diciamo che volete aggiungere un link da The Motley Fool all’articolo sul panino Big King di Wikipedia. Il link è relativo alla pubblicità 2014 del Big King e la relativa sezione ha una voce vuota. Aggiungere un link in questo caso non solo vi consente di guadagnare un backlink, ma anche di contribuire positivamente a Wikipedia.

          inserire un link in wikipedia

          Avete a disposizione anche citazioni da USA Today sulla pubblicità del Big King. Nonostante il vostro scopo non sia di assicurare un backlink a USA Today, inserirlo aggiungerà credibilità alla voce.

          Ora, bisogna scrivere il contenuto per la voce (supportato dalle citazioni), potrebbe essere il seguente:

          “Nel 2014, Burger King reintroduce il Big King in diretta competizione con il Big Mac di McDonald’s. (Citazione USA Today) Partedella sua campagna pubblicitaria si è basata sul maggiore contenuto di carne del Big King rispetto al Big Mac”

          Incorporando due fonti credibili alle informazioni aggiunte, aumenterete le possibilità che il link scelto (quello di The Montley Fool) superi lo scrutinio. Suggerisco anche di ampliare ulteriormente il contenuto della voce, in modo da migliorare il vostro contributo.

          Conclusioni

          Non smetterò mai di dirlo, mai potrò abbastanza…non aggiungete link con Wikipedia solo con l’intento di fare Link Building! Assicuratevi di farlo correttamente e di contribuire al progetto. Aggiungere contenuti che migliorino la qualità dell’enciclopedia è il modo giusto, più sicuro e alla lunga più conveniente in termini di SEO. Ricordate che non è mai una garanzia linkare a Wikipedia ed ogni azione intrapresa non è mai al sicuro da errori, è solo una best practice.

          In definitiva vale una sola regola (quella di sempre): Bisogna creare VALORE!

          Vuoi saperne di più sulla Link Building?

          Ti consiglio la lettura di questo articolo a proposito degli elementi da considerare prima di avviare una campagna:

          I 6 fattori della Link Building da tenere sempre a mente

          e di quest’altro articolo (più avanzato) riguardante una tecnica di link building “black hat”:

          Tiered Link Building: attenzione alle Piramidi di Link 

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            Translator: Valerio Graziano

             

            bufale-sulla-seo

            Le 7 Bufale sulla SEO a cui non credere

            Vincenzo Calicchio No Comments


            Tra le tante leggende che girano per il web ce ne sono tantissime che riguardano il web marketing, e tra queste le maggiori senza dubbio riguardano l’ottimizzazione per i motori di ricerca. Alcune (come spesso capita) hanno finito per diventare reali per il senso comune…ma non per Google! Quindi per prevenire errori, sia a livello strategico che tecnico, ho deciso di tradurre questo articolo di Luis Román a proposito delle più note bufale sulla SEO a cui non bisogna mai credere.

            Il perché di queste bufale sulla SEO

            La SEO è una disciplina lenta, che costa molto lavoro e pazienza. E ciò va contro la filosofia di molte imprese (per fortuna non tutte) e di monti clienti che invece vogliono risultati immediati e che sono a rischio di frustrazione in mancanza di quest’ultimi.

            Molto probabilmente è per questa ragione che molti consulenti vendono queste bugie che, oltre tutto, non potranno compiere.

            Quindi dopo aver già scritto a proposito dei più comuni errori SEO, in questo articolo ho deciso di racchiudere le più conosciute bufale ed ho ovviamente spiegato il relativo motivo per cui non bisogna crederle.

            #1 E’ possibile essere tra i primi 10 risultati di Google con poco sforzo

            La realtà è che un sito deve superare diversi milioni di altri risultati in SERP, ragion per cui capirete cosa significhi realmente posizionarsi in prima di pagina di Google. E’ qualcosa che si raggiunge solo con moltissimo sforzo e lavoro duro.

            Tanto per fare alcuni esempi vi passo il numero di concorrenti che ha la keyword “voli low cost”

            concorrenza-in-serp-keyword-short-tail

            Si dirà…“Si ma è una keyword super ricercata!”. Beh ecco invece i numeri delle risposte per una keyword a carattere locale come “pizzerie salerno”.

            concorrenza-in-serp-keyword-Local

             

            Per completezza di informazioni devo aggiungere che alla competizione nei risultati organici, c’è anche quelli coi risultati a pagamento (sempre posizionati in alto) e coi risultati della table di Google My Business (per quanto riguarda i le query a carattere locale). A proposito di quest’ultimo punto di consiglio la lettura del seguente articolo:

            Ovviamente non tutti i risultati corrispondono ad un concorrente dal punto di vista corporativo, ma rendono bene l’idea di quanto interesse ci sia dietro al posizionamento per ogni parola chiave

            #2 Il posizionamento SEO in prima pagina è garantito

            Questa affermazione è la regina delle bufale sui motori di ricerca. Chiunque vi dica questa frase è un venditore di fumo… se fate ancora in tempo allontanatevi!

            Nessun consulente SEO degno di tal nome vi dirà mai questa frase giacché il posizionamento non è mai garantito. Naturalmente nemmeno gli stessi impiegati di Google possono farlo!

            posizionamento-google-garantito

            Posizionamento garantito su Google…é una bugia!

            Pensateci solo un attimo…potete ottimizzare il sito nella maniera più perfetta (l’orrore grammaticale è voluto!) e potrete attuare la migliore strategia offline, ma se al mondo ci sono almeno 10 persone che lo fanno meglio di voi allora non sarete mai in prima pagina. Non sto qui a farvi notare che nessun consulente SEO al mondo può sapere quante persone al mondo stanno effettivamente lavorando per quella keyword in quell’istante…almeno non può saperlo con certezza ma può solo farne una stima.

            #3 La SEO è un attività low cost

            La SEO, quando è ben fatta, necessita di molte ore di lavoro ed ovviamente quando si contrattano i servizi di un consulente bisogna previamente accordarsi sui costi orari e le relative ore di lavoro stimate utili per il posizionamento.

            Lavorare sui motori di ricerca non è economico essenzialmente per due ragioni:

            • La semplice ottimizzazione del sito ha bisogno di molte ore di lavoro (poi è chiaro, dipende dal sito)
            • Non è un lavoro una tantum. C’è continuamente bisogno di ottimizzare, creare contenuti e verificare risultati.

            low-cost-seo

            #4 In due mesi possiamo arrivare in prima pagina di Google

            Come già detto prima la SEO è un lavoro continuo. Sono necessari come minimo sei mesi di modifiche, aggiustamenti, aggiornamenti, presenza sui social network, creazione di contenuti ecc…

            Lasciare il lavoro su un progetto web, anche solo per un periodo di tempo, può essere deleterio ed avere ripercussioni immediate sull’intero business. Una regola è fondamentale per ciò che riguarda la SEO: la continuità!

            #5 Nel fare SEO non c’è bisogno di continuità

            Questa bufala è diretta conseguenza della precedente. In molti pensano “Una volta arrivati al posizionamento non c’è da fare più nulla”.

            Tale affermazione è assolutamente sbagliata per due motivi:

            • Oramai fare SEO non vuol dire solo arrivare in prima pagina, ma significa arrivare a mantenere un certo livello di conversioni (se sei in prima posizione ma non hai contatti o clienti allora vuol dire che c’è un problema grave nella strategia)
            • Le posizioni così come si sono conquistare si possono perdere qualora non si faccia un adeguata manutenzione, non si facciano migliorie e non si creino contenuti in maniera continua.

            #6 Quante più parole chiave utilizzi più hai possibilità di posizionarti

            Un altra grande bufala sulla SEO è legata all’utilizzo delle keyword. Non solo riempire il tuo sito di parole chiave non ti aiuterà a raggiungere le prime posizioni ma addirittura ti metterà in odore di penalizzazione. Infatti questa pratica andava bene per strategie attuate nei primi anni del 2000 non certo dopo gli aggiornamenti di algoritmo che ci sono stati negli ultimi anni. Il riempire di keyword una pagina web (in gergo Keyword Stuffing)  è una pratica che Google aberra, ragion per cui è una pratica da cui tenersi lontano!

            E’ molto meglio optare per un numero ridotto di parole chiave, inserirle nei “posti giusti” del sito e soprattutto incorporarle ai contenuti senza forzature ed in maniera del tutto spontanea.

            Ovviamente è conveniente prendere in considerazione anche le keyword cosiddette Long Tail in quanto apportano:

            • Meno competizione
            • Traffico di maggiore qualità e più targettizzato
            • Possibilità di apparire in SERP specifiche
            keyword-long-tail

            Cos’è una keyword long tail?

            Come già spiego in questo articolo “Open” sulle più comuni domande e risposte sulla SEO, le keyword long tail sono parole chiave caratterizzate da un più basso volume di ricerca, una minor concorrenza ma una maggiore targettizzazione quindi un maggior interesse.

            #7 Le imprese che offrono servizi di SEO conoscono alla perfezione l’algoritmo di Google

            Questa è senza dubbio la più grande bugia sulla SEO… come se fosse plausibile che Google condividesse con le agenzie i dettagli del suo algoritmo!

            Che cos’è un algoritmo?

            E’ un insieme di istruzioni e regole predefinite, in pratica è una formula. Tutte le risposte che da un motore di ricerca vengono ricercate mediante questo algoritmo. Tale formula ovviamente nessuno la conosce, è un segreto e penso anche in Google siano in ben pochi ad averne notizie certe.

            Quello che si può arrivare a conoscere sono solo alcuni fattori (circa 200) che influiscono direttamente o indirettamente sul posizionamento.

            Tutti questi fattori sono conosciuti non certo per gentile concessione di Google ma per le ore ed ore trascorse da professionisti e consulenti a fare prove, errori ed a condividere le informazioni ricevute con il resto della comunità.

            i-segreti-dell-algoritmo-di-google

            I segreti dell’algoritmo di Google

             

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              Social Media Case History: l’analisi di ASOS

              Vincenzo Calicchio No Comments



              Nella mia vita ho poche certezze, una di queste senza dubbio è riferita al fatto che 1 solo esempio conta più e rimane più impresso di 1000 parole. Ragion per cui spesso vado a ricercare casi di eccellenza e storie di varia natura in riferimento al mio lavoro. Questa volta, dopo aver già scritto di importanti casi di studio riferiti al B2B voglio parlarvi di un case history a proposito di Social Media B2C e l’esempio che vi porto è quello dell’eCommerce di vestiti ASOS. Tale caso non spicca per particolare originalità e creatività ma è la dimostrazione che lavorando bene, nel tempo ed utilizzando intelligentemente gli strumenti a disposizione si possono raggiungere risultati importanti.

              I contenuti che vi sto per proporre sono tradotti ed integrati da questo articolo di Sophie Deering su linkhumans.com che ho trovato particolarmente completo, ben fatto oltre che ben scritto. Ma prima di partire voglio consigliarvi la lettura di quest’altro post a proposito di Social Media di Successo, è il caso di una pizzeria di Buenos Aires e la sua folle strategia.

              Ma continuiamo…

              Conoscete ASOS?

              ASOS.com è un negozio online di portata globale, dedicato alla moda ed ai prodotti di bellezza, con base nel Regno Unito. È diventato rapidamente il più grande venditore al dettaglio online di prodotti legati al mondo della moda e, dal suo esordio nel Giugno 2000, ha venduto oltre 65,000 prodotti con marchi autonomi, globali e locali. Offrono un servizio di spedizione gratuita in 234 paesi ed hanno siti web localizzati per Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Italia, Australia, Russia e Cina, attirando ogni mese 29.5 milioni di utenti.

              asos-italia

              La moda non è il loro unico punto forte, di fatto hanno fatto anche dei passi nel mercato editoriale, con il lancio di una loro rivista mensile nel 2007, dedicata all’utenza femminile. Insieme alla rivista, che è disponibile sia online che in forma cartacea, gestiscono anche un blog chiamato “Daily Newsfeed”, sul quale condividono post sullo stile, la bellezza e le celebrità.

              Il sito web ASOS è costruito in modo da ottimizzare l’esperienza di navigazione del cliente, a partire da una vasta gamma di strumenti ed offerte speciali, video di sfilate di modelle con abiti in vendita, fino ad “ASOS Fashion Finder”, uno strumento molto gettonato che mostra le tendenze della moda selezionate dagli stilisti e dai fashion blogger.  App facili da utilizzare sono disponibili sugli smartphone e sui tablet, sia per il negozio ASOS che per il Fashion Finder, rendendo la navigazione semplice, accessibile ed immediata.

              La nicchia di mercato scelta dal marchio ASOS è la moda dal 2000 in poi; ASOS sa bene che è una necessità di mercato essere sempre freschi e innovativi, al fine di incontrare i gusti dei loro acquirenti favoriti. Per questo motivo hanno sfruttato al massimo i social, mantenendo una presenza assidua. La società gestisce account su LinkedIn, Pinterest e Google+, tra gli altri; allo stesso tempo, sono molto attivi su Facebook, Twitter ed Instagram. Ecco una visione più approfondita di come fanno uso di queste tre importanti piattaforme per operare nel mercato.

              Come ASOS utilizza Facebook

              La pagina ufficiale ASOS di Facebook, con quasi 3.8 milioni di fan, è al momento una delle più importanti per quanto riguarda i brand di vendita al dettaglio, comparata ad altre come Boohoo con 2.2 milioni e Net-a-Porter con 1.3 milioni. Non risulta particolarmente originale la gestione della fan page (nessun post è stato realmente virale) ma tutti i contenuti sono interessanti ed in linea sia con il prodotto che non il loro target.

              La prima cosa che salta all’occhio è il reindirizzamento verso la pagina del Brand del paese di provenienza, è come se ci fosse un unica pagina (infatti il numero dei fan è lo stesso) ma con più URL tutte riferite a paesi diversi, è qualcosa che non avevo mai visto prima. Sarebbe interessantissimo sapere come attuare questa strategia.

              asos-facebook

              In ASOS, usano la pagina per promuovere nuovi prodotti e nuove offerte, tanto quanto per reindirizzare il traffico agli articoli del loro blog ed alla rivista online.

              In una giornata tipo, postano 1-2 aggiornamenti grafici, anche nei fine settimana; questi raggranellano in media duecento “like” e una dozzina di commenti. Gli aggiornamenti che tendono a riscuotere più successo sono quelli riguardanti le celebrità; in aggiunta, competizioni ed altri post, che incoraggiano i fan a mettersi in gioco, ricevono ulteriore consenso. Un esempio recente è dato dalla campagna #AsSeenOnMe (ComeMiSta), che chiede ai propri clienti di taggarsi in foto mentre indossano i loro acquisti ASOS, con l’opportunità di far parte di una galleria sul sito web ufficiale. Un album di foto caricate dai clienti ASOS è stato aggiunto alla pagina Facebook, come prova tangibile del loro contributo. Questa è una tecnica di marketing particolarmente efficace, poiché aiuta a costruire una relazione con i clienti, valutarne i gusti e gli stili, mostrando al contempo ciò che è in vendita sulla piattaforma.

              I clienti usano spesso la pagina Facebook come mezzo per contattare la compagnia, con domande sugli acquisti, e l’ASOS, diligentemente, risponde a tutti i loro fan in modo utile e cordiale, anche ai clienti più difficili.

              Come ASOS gestisce Twitter

              In ASOS sono specialmente attivi su Twitter ed hanno molti account da gestire per raggiungere differenti obiettivi di mercato.La loro pagina globale sulla moda (@ASOS) ha circa 900,000 follower, in contrasto con i 15.5k di @Boohoo ed i 24,3k di @NetAPorter; hanno anche pagine per ASOS Australia, Stati Uniti, Francia, Spagna, Germania, Italia, ASOS Menswear, ASOS Careers, ASOS Fashion Finder, ASOS Marketplace e ASOS Greenroom.

              Una Best Practice molto interessante è quella di gestire anche un servizio parallelo di assistenza clienti direttamente su Twitter @ASOS_HeretoHelp, ciò gli permette di mantenere segreta la corrispondenza con i clienti insoddisfatti; cosa molto importante al fine di mantenere un’immagine positiva del marchio.

              asos-twitter

              La gestione dei clienti su Twitter (evidentemente negli ultimi giorni hanno avuto dei problemi)

              Un grosso ammontare di tempo e risorse viene investito per mantenere attivo l’account Twitter e coinvolgere gli utenti. Sono notevolmente attenti quando si tratta di rispondere ai commenti ed alle domande dei clienti, ovviamente specialmente sull’account di assistenza.

              L’elemento chiave per l’utilizzo di numerosi account sulla moda è la circolazione di storie sul loro blog e sulla rivista, in aggiunta condividono spesso immagini e video appropriati a proposito dei loro utenti.

              Gli aggiornamenti che attirano l’attenzione di più follower sono generalmente quelli in cui i clienti possono identificarsi, come GIF divertenti sulla pigrizia di fine settimana e consigli sulla moda facili da seguire; normalmente ricevono circa un centinaio di preferenze e due dozzine di retweet per post.

              E su Instagram?

              Diversamente dalla loro pagina Facebook e Twitter, ASOS ha dato all’account Instagram un tocco molto più personale e presenta ai fan qualche piccolo “retroscena” della vita al “Quartier Generale ASOS’.

              Utilizzano Instagram come qualunque altro utente, sulla scia di tendenze già esistenti come i selfie e le foto del cibo. Postano spesso scatti della colazione dello staff o della pausa caffè, degli abiti dello stilista (targati ASOS, chiaramente). Questo avvicina il marchio ai fan e questi, vedendo i prodotti ASOS su persone comuni, trovano ispirazione per i loro acquisti sul negozio online.

              asos-instagram

              Ecco un esempio di come ASOS gestisce Instagram

              Gli hashtag sono utilizzati occasionalmente nei post per massimizzarne la visibilità tramite la funzione “cerca”, ma comunque con oltre 3 milioni di follower non sono poi così necessari e lo scopo del loro account sembra essere la costruzione di un rapporto con i fan, più che pubblicizzare i prodotti. Infatti, sono i clienti che utilizzano più spesso gli hashtag affiliati ed ora è possibile trovare oltre 1 milione di immagini taggate #ASOS, per cui suppongo che l’operazione di marketing venga svolta per conto loro dagli utenti.

              Nel Dicembre 2014, l’ASOS ha lanciato un calendario dell’Avvento con sfide e premi del Brand da vincere ogni giorno fino a Natale; tutto ciò che i fan avrebbero dovuto fare era postare una foto festiva con l’hashtag #instaadvent. Le competizioni come queste possono fornire poca pubblicità al marchio, consideranto che persone diverse dai fan non avrebbero associato istantaneamente il Brand all’hashtag “instaadvent”, ma l’interattività e le possibilità di vittoria hanno cementato la fedeltà dei clienti abituali.

              La gestione dei reclami in ASOS

              Il gran numero di follower sui loro social è indicativo dell’efficacia della loro strategia e dimostra quanto siano in gamba nell’attrarre l’utenza bersaglio delle loro campagne. Nonostante i loro account beneficino della buona immagine del marchio e riportino molte opinioni positive, un gran numeri di clienti li utilizza anche per riferire alla compagnia di cosa non sono soddisfatti: questo avrebbe una cattiva influenza sull’immagine della compagnia, se i post fossero pubblici. ASOS ha risolto questo problema su Twitter con un account dedicato al servizio di assistenza clienti.

              Su Facebook ed Instagram non hanno fatto lo stesso, ma le varie problematiche che spesso compaiono nei commenti sotto le immagini condivise e vengono risolte solo rispondendo pubblicamente, compito che viene solitamente svolto molto bene.

              Conclusioni

              Per ASOS, i social media sono lo strumento perfetto per rivolgersi ai loro clienti prediletti, giovani e alla moda. Gli consentono di comunicare direttamente con i fan, aiutando a costruire una relazione che li coinvolga, che li faccia sentire vicini al marchio e che fornisca agli acquirenti aiuti e suggerimenti. Questo tipo di personalizzazione aiuta gli utenti ad immedesimarsi nel marchio, di modo che si rivolgano alla compagnia e la raccomandino ad altri.

              Complessivamente, penso che ASOS sia un marchio da tenere in considerazione in materia di social media e che le altre compagnie possano trarne spunti molto utili.

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                Translator: Valerio Graziano

                 

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                Come gestire una crisi sui social: il caso Volkswagen

                Vincenzo Calicchio No Comments



                Se vi occupate di Social Media Marketing e non vi è ancora capitato sappiate che siate stati (fin’ora) molto fortunati. Le crisi sui social comprendono tutte quelle situazioni in cui un brand, un prodotto o una persona vengono messe in cattiva luce a causa di comportamenti (online o offline) eticamente, politicamente o anche dal punto di vista della legge scorretti. In passato noti sono stati i casi Barilla, Moncler, e non ultimo quello della Melagatti. Ma nel 2015 l’azienda che ha passato la crisi più profonda (e la sta ancora passando) è senza dubbio Volkswagen.

                Lo scandalo delle emissioni che ha colpito il brand tedesco solleva molti interrogativi importanti. Pur ritenendo che la loro principale preoccupazione non sia “come gestire questo scandalo sui social”, ho pensato che sarebbe stato utile dare un’occhiata alle reazioni della compagnia su Twitter e Facebook (parlo dei profili globali ed USA) nei giorni immediatamente seguenti lo scoppio del caso, ragion per cui ho tradotto ed integrato questo articolo di Ben Davis su econsultancy.com.

                Ciò che mi premeva verificare era l’esistenza, o meno, di un eventuale protocollo per la gestione delle crisi. Ve lo dico in partenza, non ho trovato quello che cercavo, ma l’unica cosa che sono riuscito ad evincere è l’importanza di alcuni fattori.

                Il ruolo del silenzio in una crisi sui Social

                Volkswagen USA ha bruscamente interrotto i post su Facebook e Twitter Venerdì 18 Settembre, il giorno in cui è emerso negli Stati Uniti lo scandalo delle emissioni.

                Gli account sono rimasti congelati per un’intera settimana, finché non hanno postato una dichiarazione di Michael Horn, il CEO degli Stati Uniti, di cui erano attese le dimissioni. L’account globale di Twitter della VW, invece, non ha smesso di postare fino al 22 Settembre e questo, probabilmente, ha solo contribuito a incrementare la tensione.

                Si veda il post ed il commento sotto tanto per un esempio di linciaggio del marchio, come c’era da aspettarsi, da parte dei clienti (e non) di tutto il mondo. Di commenti come questi se ne trovano a migliaia!

                scandalo-volkswagen-social-media

                – Volkswagen: “Le storie migliori iniziano con un gesto.” – Gabriel Hill: “Sono particolarmente fan del gigantesco gesto col dito medio che avete mostrato all’ambiente in Nord America. Grande storia, quella.”

                Indirizzare le richieste verso un unico canale

                Fino al 27 Settembre, quando la Volkswagen ha lanciato vwdieselinfo.com, gli unici account della un po’ più attivi sono stati quelli Twitter e Facebook della Volkswagen nel Regno Unito.

                Questo sito è stato molto importante nonostante contenesse poche informazioni in quei primi momenti, in quanto reindirizzava i clienti direttamente alle nuove pagine distogliendo l’attenzione dai Social.

                Altrove, dagli account social statunitensi e globali, fu annunciato il silenzio della VW con un video di scuse da parte dei rispettivi CEO, questi sono stati gli unici post relativi alla crisi in più di una settimana.

                Lo stesso account Twitter globale sembra essere stato utilizzato solo per la diffusione, non ha mai risposto a nessun tweet, solo postato. Non proprio l’ideale.

                Comunque, il 27 Settembre, la Volkswagen ha messo in funzione la sua pagina delle FAQ, una bella svolta, se si considera il livello dell’indagine nel quale è stata coinvolta l’azienda. Non importa che questa pagina non contenesse molto sulle risoluzioni da prendere, la VW ha unicamente fatto chiare le sue priorità, quali tempistiche sono da tenere in considerazione e cosa comporta tutto ciò per i proprietari del veicolo a diesel.

                In Germania hanno quindi capito che i siti di proprietà della Volkswagen necessitavano di essere aggiornati regolarmente, fornire risposte tramite i social più in vista non era infatti stato sufficiente.

                Anche fornire dei contatti è stato un lavoro da fare con precisione. La VW ora indirizza i clienti a numeri ed e-mail di supporto ai clienti, piuttosto che ai fornitori locali. La compagnia si è dovuta assicurare di non reindirizzare i clienti in vicoli ciechi, in attesa di potergli fornire le risposte di cui necessitavano (e necessitano).

                scandalo-volkswagen-social-network

                Attenzione alla gestione dei commenti

                Ovviamente durante questa crisi sui social, i clienti hanno inondato di messaggi la Volkswagen. I commenti che ho letto evidenziano tre principali preoccupazioni:

                • Molti clienti reclamano di non potersi più fidare di nessuna specifica della VW
                • I gruppi addetti alle vendite vogliono sapere in che misura lo scandalo influirà sull’andamento delle loro attività
                • Altri utenti sottolineano le gravose implicazioni per la salute, poiché sono in circolazione molte VW dal volume di emissioni superiore al previsto.

                Il nuovo sito web dedicato ha acquietato molte domande, ma nelle settimane trascorse è emerso chiaramente che la gestione dei social fatta in periodo di crisi si è trovata costantemente sul filo del rasoio.

                Il silenzio è un dato di fatto, anche dopo le avvenute scuse. È pratica comune dei gestori di una comunità lasciare che le persone si sfoghino (spesso e volentieri la risposta di un marchio servirebbe solo ad esacerbare gli animi) e in molti casi la VW non sarebbe comunque in grado di rispondere ai quei commenti. A questa affermazione di Ben Davis non sono molto d’accordo.

                Per cui sono rimasto sorpreso nel vedere che a molti commenti degli account globali sui social statunitensi non sia stata data una risposta. Probabilmente sarebbe stato più funzionale avere account attivi non solo durante gli orari di apertura curriculari, bensì si sarebbe dovuto fornite supporto anche fuori orario e rispondere dove possibile ai commenti.

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                Un esempio di commento sui Social della Volkswagen: “Ho un TDI con 100k miglia. Per 100k miglia, ho pensato di star guidando un veicolo che rispettasse l’ambiente. Ora ho scoperto che stavo inquinando dalle 10 alle 40 volte sopra il limite stabilito perché la VW ha mentito e barato. La mia auto e altre come lei non hanno alcun valore di commercio o vendita. Questo non è stato un errore. Non è stata una complicazione improvvisa. Questo è stato un intenzionale atto di frode nei confronti dei clienti, delle nazioni dove questi veicoli sono stati venduti e nei confronti dell’ambiente.”

                Attenzione alle comunicazioni interne

                Crisi sui social non vuol dire solo affrontare solo un mare di clienti arrabbiati o delusi, ma può voler significare anche affrontare stesso addetti e collaboratori che non sanno a chi rivolgersi. Ed è proprio quello che è accaduto per il caso Volkswagen nei primi giorni del trambusto.

                In una compagnia così grande, specialmente quando include delle concessionarie, staff frustrati potrebbero rivolgersi ai profili social delle compagnie, se pensano di non star ricevendo delle risposte abbastanza in fretta dall’organizzazione. Questo evidenza la necessità di velocizzare la comunicazione interna per cercare di ridurre il trambusto online.

                Sarebbe stato importante anche che coloro in prima linea con le vendite ed i servizi avessero costituito un fronte unico, penitente ma utile, al fine di saziare la fame di risposte del consumatore direttamente nel mercato geografico di riferimento. Invece molti addetti si sono trovati costretti ad ingrossare il mare di caos social (come si vede in questo commenti in basso).

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                Commenti sui Social a proposito dello scandalo Volkswagen: “Cosa farete per supportare i vostri addetti alle vendite? Sono con la VW dal 2006 e l’anno scorso oltre il 50% delle mie nuove vendite di automobili sono state TDI!”

                Ci vuole poco per distruggere 70 anni di fiducia in un marchio

                Anche se questo scandalo ha avuto già un enorme impatto sui prezzi delle azioni della Volkswagen (scesi da 165 a 106 all’indomani della notizia), e ci si aspetta che la compagnia sosterrà grosse spese legali oltre ad un calo delle vendite, i social possono forse dare una prospettiva migliore. Tutto sta nell’invertire il processo di viralità negativo che si è attivato dal 18 Settembre. Ed i presupposti per far partire una campagna di questo tipo ci sono tutti (si tratterebbe a tutti gli effetti di rebranding virale), dico ciò pensando a tantissimi commenti su Facebook.

                Ci sono infatti moltissimi sostenitori della VW e molti clienti fedeli pronti a difendere la compagnia. In tanti affermano il proprio amore per la Volkswagen nonostante lo scandalo e qualche cliente contrariato concede alla manifatturiera automobilistica la possibilità di riparare al torto.

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                “Non posso dire molto riguardo le emissioni, ma se la scelta è tra chiudere un occhio su un problema di emissioni e la sicurezza, sceglierò sempre la VW. Ti sostengo VW! Grazie per la protezione che garantisci alla mia famiglia.”

                 

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                “Vendo le Volkswagen per lavoro. Ho quattro gestori e quattro fidati venditori. Tra tutti e nove, possediamo nove VW e due Audi. Gli impiegati della Volkswagen tendono ad essere veri seguaci… Io so di esserlo.
                Da una parte, questo è il motivo per cui questa cosa è così spiacevole. La mia compagnia, della quale sono appassionato, mi ha sfruttato per operare a mia insaputa una frode nei confronti dei miei clienti. Sono ancora shockato da questa cosa. E Mr. Horn può scusarsi per tutto il giorno, ma non guarderà negli occhi i miei clienti e si scuserà – quello è compito mio. E questo è ciò che mette a dura prova me ed i miei colleghi, molto più che le future perdite dell’attività. I miei clienti si sono fidati di me e alcuni di essi non lo faranno mai più.
                D’altra parte, anche se la mia mente fatica a realizzare cosa è successo, credo ancora nella Volkswagen. Credo nella loro abilità e nel mio desiderio di riparare al danno in qualunque modo sia possibile farlo. Credo nella loro abilità di portare oltre lo sviluppo ingegneristico, sviluppando gruppi motopropulsori che siano allo stesso tempo super-efficienti e in linea con le direttive, talvolta eccessivamente frustranti, del nostro governo. E io credo nella loro determinazione nel creare le automobili più sicure, coinvolgenti e accessibili del mondo – automobili che hanno fatto di moltissime persone, in tutto il pianeta, sostenitori devoti.
                Non fraintendetemi, tutto ciò è molto doloroso. Ma io sono, e resterò fedelmente, un fiero impiegato della migliore manifatturiera automobilistica del mondo.”

                Conclusioni

                I Social si sa sono un mondo dove non vigono regole fisse e l’applicazione di un metodo che può in qualche modo essere affine a qualcosa di scientifico è impossibile, o in alcuni caso deleterio. Seguendo questa idea trovo che sia utile conoscere quest’altro case history di strategia social di successo, benché folle ed inaspettata.

                Per quanto riguarda la gestione della crisi sui social i fattori fondamentale da tenere in conto dunque sembrano essere:

                • Gestione dei commenti
                • Gestione delle comunicazioni interne
                • Gestione del silenzio
                • Rimando dei contatti verso un unico canale ufficiale

                Per quanto riguarda poi il caso Volkswagen probabilmente la chiave di volta possono essere proprio i sostenitori del brand (a quanto pare nonostante tutto ce ne sono ancora) questi potrebbero risultare un grande potenziale per far ripartire un buzz positivo e far risparmiare tempo e danaro alla Volkswagen, dando una mano a combattere l’incendio divampato online (o, perlomeno, distraendo noi più agguerriti detrattori).

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                  Translator: Valerio Graziano

                   

                  Strategie Social di Successo: sono possibili per i B2B?

                  Vincenzo Calicchio No Comments



                  In questo post vedrete 3 case history di strategie social di Successo per B2B e capirete i motivi del loro successo. Questo tipo di Marketing può essere molto insidioso a partire dalla considerazione che argomenti come trattori, grandi navi merci e transazioni finanziarie non sono proprio argomenti top in quanto a capacità di stimolare interesse e conversazioni. Inoltre i metodi convenzionali non funzionano quando ci si relaziona con persone davvero competenti, in grado di valutare accuratamente il prodotto.

                  Un altro elemento che governa il marketing B2B è il fatto che un’eventuale transazione non dipende dalla volontà di una sola persona, ma c’è bisogno di una riunione direttiva che valuti attentamente ogni aspetto del prodotto, prima che venga presa una decisione.

                  Eppure c’è chi riesce a fare Social Media Marketing nel settore B2B! Li ho trovati in questo interessante articolo sulla piattaforma statunitense Mav Social. Li conosceremo in questo articolo, ma prima…

                  Un po di numeri sul Marketing B2B

                  Le statistiche rivelano che circa il 62% delle attività hanno implementato i social come strumento di marketing a tutti gli effetti e che il loro numero cresce di giorno in giorno. I tre motivi principali per cui i B2B dovrebbero essere presenti e attivi sui social, secondo queste imprese, solitamente sono:

                  • Diffondere il Marchio
                  • Incoraggiare la condivisione
                  • Ottenere follower e fiducia 

                  Ai professionisti del settore che si mettono in gioco con i B2B, però, non possono bastare le condivisioni, i like e i post. Poiché i margini di successo sono molto diversi da quelli della pubblicità tradizionale, questi sono alla ricerca di alte percentuali di click, guadagnare autorità e conversioni (dei visitatori in clienti).

                  Gli agenti di marketing necessitano di informazioni che gli consentano di conoscere gli acquirenti e le loro abitudini, per poi modificare e adattare le loro strategie. Tra un po scoprirai quali sono i case history di successo nel B2B ma prima ti consiglio la lettura di questo articolo sulla Folle strategia Social di una Pizzeria di Buenos Aires.

                  Alcuni Brand vincenti nel Marketing Social B2B

                  Ci sono molte più campagne B2B fallite, lì fuori, di quante ne potremmo contare. In questo pantano di incertezza, comunque, ci sono pochi gioielli che sono riusciti a trovare l’equilibrio perfetto. Prima di imbarcarvi nel vostro viaggio di marketing è bene che diate un’occhiata ad alcune di queste e che facciate attenzione a ciò che potete imparare dalle strategie che hanno attuato.

                  Maersk Line

                  marketing-maersk-line

                  La Strategia di Marketing B2B di Maersk Line

                  Per meglio comprendere come pensano ed agiscono le organizzazioni leader del B2B, prendiamo esempio ed osserviamo come la compagnia di navigazione danese utilizza i social.

                  Qual è la Strategia di Maersk e perché ha funzionato?

                  La compagnia utilizza praticamente ogni strumento social disponibile e mantiene una forte presenza sulle piattaforme social. Da foto intriganti su Instagram, a Facebook fino ad accattivanti video su Vimeo, Maersk ha abbracciato in toto piattaforme che tradizionalmente non solo per il  B2B.

                  Il direttore della gestione dei social della compagnia rivela che il fine ultimo delle campagne B2B è ricavare informazioni chiave sul mercato attuale, avvicinarsi ai clienti e incrementare la soddisfazione degli impiegati.

                  Per raggiungere questi obiettivi, ha posto l’accento sui fatti che avvenivano all’interno dell’azienda, raccontandone quotidianamente gli avvenimenti. Questo ha riguardato cose come “il boom delle vendite degli avocado del Kenya” e da dove vengano i membri dello staff.

                  Cominciando dalla costruzione di un’audience interna, si è allargato fino a raggiungere quota 1 milione e 200 mila fan su Facebook. Questo, in aggiunta alle 172,000 interazioni e alla nascita di ben 12 canali social, ognuno di essi quotidianamente attivo nell’interazione con clienti ed impiegati.

                  Chiedere ai follower cosa vogliono trovare nei Social della compagnia

                  La strategia ha incluso fare sondaggi su cosa la nuova utenza volesse vedere sul social e accontentarli. Quando i membri del team addetto ne venivano informati, fornivano quanto richiesto sotto forma di blog, storie sui membri del settore e davano inizio a contest fotografici che aumentavano il coinvolgimento dei clienti.

                  Il direttore del social è stato molto chiaro sul fatto che le pagine social del marchio non avessero lo scopo di incrementare le vendite, ma solo di aumentare il coinvolgimento dei clienti e di fare leva sulle competenze degli impiegati per dare un valore aggiunto.

                  Il merito principale del funzionamento della strategia social di Maersk è da ricercarsi nel fatto che essa non considera i social come uno strumento per incrementare le vendite, ma lo utilizza per comunicare con i clienti e gli impiegati. Approcciandosi ai social in modo originale, la compagnia ha rivoluzionato i social stessi.

                  “Il Social media riguarda la comunicazione, non il marketing. Si tratta di coinvolgere, non di promuovere. Delle reti sociali decisamente non si dovrebbe accentuare l’aspetto media. Per compagnie come la nostra, creano valore aggiunto tutte le volte che si presenta una sfida al nostro modo di pensare e di interagire. Infatti, essere su questi network è una mentalità, un modo di pensare e di lavorare insieme. Si basa sul fatto che siamo animali sociali e questo significa che possiamo solo beneficiare dalla condivisione reciproca dei nostri pensieri e delle nostre idee.”
                  Maersk

                  AGCO

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                  La Strategia Social B2B di Agco

                  La firma globale per l’agricoltura possiede un gran numero di marchi, tra cui Massey Ferguson, Valtra, e Challenger, e questi marchi operano nell’ambito della manifattura e della consegna di macchinari agricoli in tutto il mondo.

                  Qual è la Strategia di AGCO e perché ha funzionato?

                  Questa manifatturiera agricola di portata globale può attribuire buona parte dei suoi $10 miliardi di vendite alla sua strategia social, mirata a connettere l’impresa con gli operatori agricoli ed i fornitori.

                  Molte delle sue vendite sono state rese possibili da un’efficace ed esperta pianificazione pre-salto nel “Mare social”. È stata analizzata un’utenza selezionata e ne sono stati osservati i comportamenti sui social e su YouTube per vedere cosa postassero.

                  La maggior parte degli spezzoni su YouTube registrano operatori agricoli mentre utilizzano i loro macchinari. Una volta acquisita questa informazione, la strategia è stata aggiornata ed si è passati al raggiungimento ed il coinvolgimento dei clienti attraverso varie piattaforme social.

                  Oggi, la compagnia è riuscita ad attrarre più di 260 mila fan su facebook, 3,000 iscritti al canale YouTube e 10,000 follower su Twitter.

                  Dopo lo studio degli utenti è fondamentale il “Creare Valore”

                  In più, la compagnia spesso si associa ai fornitori per offrire strumenti commerciali e formazione agli operatori agricoli. Queste proposte di collaborazione aiutano ad incrementare il coinvolgimento dell’utenza. Un buon esempio di questa strategia è il widget che permette ai fornitori di gestire e hostare i propri contenuti senza doverli creare da zero.

                  American Express OPEN

                  american-express-forum

                  L’innovativa Strategia di Marketing Online di American Express

                  American Express ha da sempre sostenuto il potere dei social. L’elemento chiave che ha spinto l’azienda oltre l’approccio iniziale ai social è stato il forum Open dove offre supporto ai proprietari di piccole attività.

                  Il Forum di AmEx è stato definito:

                  Il più recente e grandioso esempio di un servizio fedele, un programma strutturato per aiutare i proprietari delle piccole imprese a far crescere la loro attività, fornendo loro importanti suggerimenti e risorse online.

                  L’importanza del Forum nella Strategia di American Express 

                  Gli aggiornamenti frequenti dei contenuti, i post sui blog ed i video vengono ancora pubblicati e rappresentano sempre una buona fonte di informazioni utili, inoltre c’è il forum aperto che, non solo consente agli utenti di imparare, ma facilita la rete dei proprietari di piccole attività che interagiscono tra loro.

                  Questo incremento di traffico sulla sua pagina ha permesso alla compagnia di spiccare grazie ai suoi numeri (fan e follower sui social), essendo riuscita a raggiungere 1 milione di visitatori. Oltre alla creazione di un suo social, AmEx è riuscita a promuoverne la connettività tramite altri mezzi social come Facebook.

                  Attraverso questi sforzi è riuscita ad ottenere un buon 30% di incremento delle vendite. Questo può attribuirsi ai suoi 11,000 nuovi elementi (non che li abbia ottenuti con la sua pagina aziendale di Facebook). American Express inoltre organizza una competizione annuale tra PMI del settore che è ora il cavallo di battaglia della strategia social e che contribuisce costantemente a rafforzarne la sua autorità nel settore.

                  Un Consiglio per una Strategia Social B2B efficace

                  Come ho già avuto modo di dire in questo blog, non esistono solo i Social più noti (Da Facebook a Twitter ad Instagram) ma ne esistono anche tantissimi poso conosciuti, verticali o settorializzati. In ogni caso questi altri network hanno il grande beneficio di una maggior targettizzazione. Vi consiglio la lettura di quest’articolo.

                  Nuovi Social Network: c’è vita oltre Facebook

                  Conclusioni

                  Una cosa che può essere osservata attraverso queste strategie social di successo è che, prima di avviare qualunque tentativo, ognuno di questi brand ha fatto innanzitutto un grossa mole di ricerche che gli ha consentito di mettere a punto piani di lavoro mirati e finalizzati a fornire esattamente ciò che veniva chiesto dall’utenza.

                  Un altro fattore da considerare è che, queste compagnie, non solo avevano un piano ben preciso in mente, ma anche che gli obiettivi delle loro operazioni di marketing erano ben chiari. Questo gli ha garantito un forte impulso per ottenere successo e gli ha consentito di eccellere nei rispettivi settori. Conoscete altri casi di successo? Come vi regolate con la strategia social della vostra attività B2B?

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                    Nuovi Social Network: c’è vita oltre Facebook

                    Vincenzo Calicchio No Comments



                    Senza dubbio c’è qualcosa di epico in tutti quei Brand che lasciano perdere la strategia di marketing “tradizionale”, che stanno portando avanti da anni, e scommettono tutto sui nuovi social network rispondendo ad una semplice domanda: “Dov’è ora il mio pubblico?”. Senza dubbio quando se lo sono chiesti per la prima volta la risposta è stata immediata: “Sui Social Network!”.

                    Fino a qualche anno fa quando si diceva “reti sociali” in realtà s’intendeva Facebook e Twitter, oggi invece c’è molto altro tra reti verticali e di settore. Tutto l’intorno digitale e Social sta evoluzionando ad un ritmo vertiginoso. L’utente ha oggi a sua disposizione un gran numero di piattaforme dove generare, condividere e ricevere ogni tipologia di contenuto, anche la viralità non passa più solo per Facebook. Il lavoro delle imprese allora dev’essere quello di decifrare i fattori chiave che compongono l’essenza di queste reti:

                    • La funzionalità
                    • Gli Heavy Users
                    • Il potenziale

                    Ecco quindi che, a partire da questi punti, ho tradotto ed integrato questo articolo di Elisa Lucia di Territorio Creativo per fare una prima analisi di questi portali (non certo in secondo piano visti i numeri). Si tratta però solo di un primo contatto con questi “nuovi mondi” il resto è sicuramente da studiare ed approfondire.

                    SNAPCHAT

                    logo-snapchat

                    Cosa è?

                    Un App per Smartphone

                    Per cosa serve?

                    Quando si parla di Social network per contenuti multimediali oramai non ci riferiamo solo ad Instagram. Quest’applicazione infatti serve per generare contenuti (foto e video) che scompaiono in breve termine. Ciò vale tanto per i contenuti condivisi nella Timeline (24 ore) quanto per quelli che si inviano ad altri contatti (da 0 a 10 secondi).

                    Qual’è la sua portata?

                    Dal suo arrivo sul mercato ha accumulato un totale di 100 milioni di utenti in tutto il mondo. In generale stiamo parlando di adolescenti ed i cosiddetti millenials.

                    Come ne possono approfittare i Brand?

                    Prima di decidere se il tuo Brand debba o non debba essere presente in Snapchat ci sono da avvalorare alcuni aspetti:

                    • Offro un prodotto o servizio che può interessare ad un pubblico giovane?
                    • Voglio che il mio marchio sia percepito come qualcosa di giovane e divertente?
                    • Credo nella creatività?

                    Ma soprattutto…

                    • Penso che per la mia impresa di prodotti per la ortodonzia geriatrica sia fondamentale stare su Snapchat?

                    Se a tutte queste domande la tua risposta è “Si!” (e se lo è anche per la quarta o sei un pioniere del marketing o sei un pazzoide) allora si, questo nuovo social network è quello che fa per te! Già sono molti i brand, come MTV (che ebbe 12 milioni di visualizzazioni durante gli ultimi Video Music Awards), Red Bull, Taco Bell ecc… che convivono in questa comunità.

                    Ovviamente è molto importante conoscere bene le particolarità di Snapchat per poter far parte del suo ingranaggio, e naturalmente mi riferisco alla fugacità ed alla creatività che la caratterizzano e che inspirano a lanciare ogni tipo di strategia:

                    Promozioni

                    Come nel caso del Brand di Yogurt gelati 16HANDLES che lanciò offerte a tempo disponibili durante solo 24 ore per tutti coloro che avessero condiviso una loro foto con il prodotto.

                    Snapchat case history

                    Brand content creativo

                    Un ottimo esempio fu la campagna di Sprite che, in soli due giorni, conseguì 2 milioni di visualizzazioni in questo Social.

                    Contenuti esclusivi

                    HBO per promozionare la terza stagione della sua serie di successo “Girls“, fece foto divertenti dei suoi protagonisti sul tappeto rosso. Una strategia che i fan apprezzarono tantissimo!

                    Snapchat-case-history

                    Collaborare con gli Influencer

                    Ovviamente valgono le stesse regole che per gli altri Social Network, anche qui si stanno affermando varie personalità influenti che costituiscono già punto di riferimento per i grandi marchi.

                    Snapchat-influencer

                    Red Bull e Snickers utilizzano già gli inflenrcer per la loro strategia in Snapchat

                    PERISCOPE

                    logo-periscope

                    Cosa è? 

                    E’ un App per Smartphone appartenente a Twitter

                    A cosa serve?

                    Per trasmettere video in streaming da qualunque parte del mondo. Nella parole dei suoi creatori “Un video in diretta può trasportarci in qualsiasi luogo e farci vedere li cosa succede in quell’istante”. Poi c’è una particolarità che lo rende simile a Snapchat, i contenuti infatti rimangono 24 ore nella piattaforma, poi si cancellano.

                    Qual’è la sua portata?

                    Questo nuovo social network conta già più di 10 milioni di utenti, cifra che conseguì a partire già dal suo lancio per Android.

                    Come ne possono approfittare i Brand?

                    Siamo sono all’inizio ma i brand già lo stanno usando per avere una copertura degli eventi da un altro punto di vista. Il gruppo Atresmedia (gruppo di telecomunicazioni spagnolo) ne ha saputo approfittare per connettersi con un pubblico giovane che irrimediabilmente si sta allontanando dalla televisione. Così lo usa per trasmettere telegiornali, e programmi tra cui il più famoso è “Zapeando”. Qui il video dell’annuncio live dell’utilizzo di Periscope.

                    Nessuno può negare che Periscope è una rete sociale ancora poco usata per scopi pubblicitari, e questo è un fortissimo punto di forza infatti avanti a noi c’è un campo vergine e le possibilità creative sono infinite. Un esempio può essere quello di sviluppare il proprio brand personale. Già in tantissimi lo usano per mostrare le proprie expertise a colpi di tutorial, esposizioni e altri contenuti relazionati con il proprio settore professionale.

                    Chalene Johnson, Kimra Luna, Kim Garst o Marty Coleman sono utenti che hanno già tantissimi follower e che già sfruttano a pieno l’enorme potenziale di questa novità.

                    WHATSAPP

                    WhatsApp_logo

                    Cosa è? 

                    La vostra ossessione di ogni giornata (e non dite che non è vero!).

                    A cosa serve?

                    E’ un servizio di messaggeria istantanea (foto, video, testi ed audio).

                    Qual’è la sua portata?

                    A livello mondiale questa App ha raggiunto numeri da brividi… circa 1000 milioni di utenti!

                    Come ne possono approfittare i Brand?

                    Whatsapp non nasce con piattaforma di pubblicità (non permette adv) anzi, i suoi creatori promisero di non introdurre sponsorizzazioni ma di far pagare una quota annuale minima ai milioni di utenti. Ma ciò non significa che le imprese non abbiamo saputo tirarne fuori il potenziale per sfruttare i suoi enormi numeri. Tanto per fare qualche esempio:

                    #Lígate un Aygo 

                    (traduz. “Flirta con una Aygo”) una campagna con la quale Toyota, per conquistare un pubblico giovane con il lancio della Aygo, lasciò che furono i giovani a “corteggiare” questo nuovo modello. I risultati superarono le aspettative:

                    • Più di 16 mila pretendenti
                    • Un incremento dello Share of voice della Toyota Aygo dal 5,9% al 36%
                    • Più di 9 mila contenuti multimediali inviati dai pretendenti in quasi 90 mila messaggi Whatsapp.

                    Whatscook di Hellman’s

                    Un azione con cui il famoso brand food “whatsappava” con i suoi fan e dava consigli attraverso ricette che cucinavano in tempo reale. Con un investimento di appena 1000 $ ci furono 4 milioni di visualizzazioni ed interazioni con 8 mila utenti (ed una media di 65 minuti di interazione con loro).

                    Vuoi implementare la tua strategia su Whatsapp? 

                    Segui la nostra guida!

                    Conclusioni

                    Ricordi cosa ho detto all’inizio del post? Alludevo alla valenza di alcuni brand che hanno avuto il coraggio di innovare in questi nuovi social network (anche se non sono poi così tanto nuovi) per avvicinarsi al pubblico che li frequenta. Sei davvero d’accordo con questa affermazione? O pensi che sia tempo perso?

                    A mio parere le nuove piattaforme hanno tutto. Un grande pubblico, contenuti altamente creativi, investimenti più bassi rispetto alla pubblicità tradizionale e soprattutto una utenza crescente e più targettizzata. Fammi sapere cosa ne pensi!! Conosci nuovi Social Network interessanti? o anche nuove strategie social di successo?

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